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il Caffaro
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Un programma per Pegli
(Multedo, Pegli Centro, Varenna, Pegli Lido)

sottolineatura

A cura dei Comitati e Associazioni pegliesi:
Comitato per la Difesa di Pegli e del suo Territorio,
Comitato di Quartiere di Multedo,
Comitato Martinez,
Comitato Pegli Ovest,
Associazione Amici di Villa Banfi,
Comitato val Varenna,
Associazione Rinascita di Pegli,
Associazione Pegli Flora,
Circolo ARCI Messina,
Gruppo Escursionistico Croce del Sud


Indice:

1.    Multedo e l'"affresco" di Renzo Piano
2.    Il verde
2.1  Ville e Musei
2.2  La Vetta di Pegli
2.3  Il verde e la qualità degli spazi urbani
2.4  Il verde extra-urbano
3.    La passeggiata a mare
4.    Il porto turistico
5.    Ex ospedale Martinez ed area prospiciente
6.    La valle Varenna
7.    L'inceneritore
8.    Il decentramento amministrativo


Pegli, 8 maggio 2007


1.    Multedo e l'"affresco" di Renzo Piano

L'ultimo aggiornamento dell'"affresco", predisposto per essere discusso, approvato e tradotto nel Piano Regolatore Portuale, aggiunge al danno di una nuova piattaforma container davanti a Pegli (in luogo dell'attuale aeroporto) la beffa: il porto turistico della precedente versione (2004) lascia il posto ad un'area finalizzata ad uso portuale e cantieristico, mentre un nuovo scalo petrolifero si conferma in capo al vecchio aeroporto che accoglierà gli stoccaggi petrolchimici e la nuova piattaforma container. Tutto questo è inaccettabile, per Pegli e per Multedo. Riteniamo profondamente sbagliato, in generale, un indirizzo della politica portuale che - in oggettiva carenza di spazi - faccia pagare alla città (anzi, sempre e solo ad una parte della città) il prezzo di un'espansione del porto che non offre sostanziali benefici alla collettività ma fa il vantaggio di pochi (operatori portuali spesso non genovesi) a danno dei più, condizionando pesantemente, come ben si è visto a Prà, il destino di intere comunità. No, dunque, alla nuova piattaforma container, sia essa al posto dell'aeroporto, come previsto dall'"affresco" o nell'"isola" che secondo altri dovrebbe nascere là dove Piano ha previsto il nuovo aeroporto. Sì ad uno scalo petrolifero, se limitato alle piattaforme off- shore. L'attuale porto petroli dovrà invece essere restituito ad usi urbani, come previsto dal Piano Territoriale di Coordinamento degli Insediamenti Produttivi dell'Area Centrale Ligure. Infine, il petrolchimico. Fin qui le Amministrazioni (Comune in testa) si sono sistematicamente sottratte alle loro responsabilità, eludendo di fatto un tema così urgente e scottante per la salute e la sicurezza di migliaia di abitanti. Al contrario, i nuovi eletti dovranno darsi da fare per individuare soluzioni che, assicurate le debite garanzie per i lavoratori, sollevino finalmente gli abitanti dall'intollerabile situazione di rischio cui sono esposti quotidianamente. Stato di rischio che è anche d'ostacolo ad una prospettiva di riqualificazione che passi attraverso il recupero delle aree industriali abbandonate (ex Fonderie, Fondega Sud, aree Agip IP), intesa come occasione per un vasto processo di rigenerazione urbana. Il riferimento è ad un disegno di recupero ambientale che, tenendo conto delle previsioni urbanistiche in atto, sia in grado di organizzare e promuovere gli interventi sotto una regia complessiva, svolta nel segno di uno sviluppo sostenibile, in relazione al tipo ed alla quantità delle risorse disponibili.


2.    Il verde

2.1  Ville e Musei

Circa il verde l'amministrazione Pericu non poteva fare peggio. Un bilancio degli ultimi due cicli amministrativi, i cui risultati positivi su alcuni fronti sono stati molto enfatizzati, reca un vistoso segno "meno" su altri (puntualmente sottaciuti da una stampa compiacente): anzitutto il verde, dove il disastro è sotto gli occhi di tutti. In dieci anni Pericu e la sua giunta sono riusciti a portare alla rovina o quasi un patrimonio non solo di verde ma di storia, arte e architettura. A questo punto è urgente cambiare rotta. La nuova Amministrazione dovrà inaugurare una politica del verde finalmente incisiva, sostenuta da mezzi e risorse adeguati, da individuarsi prioritariamente in seno all'Amministrazione. Al tema del verde dovrà attribuirsi giusto rilievo (anche in considerazione delle ricadute economiche che può assicurare, ad esempio nella valorizzazione turistica della città), riscattandolo dalle attuali posizioni affatto marginali - del resto puntualmente riflesse nella graduatoria nazionale che vede Genova agli ultimi posti (con una quota di spazi verdi pro capite che è solo un quinto di Torino e un decimo di Roma). Quanto al sistema ultimamente introdotto, dell'"affido" generalizzato di aiuole, parchi e giardini (anche storici) a privati, enti ed associazioni disposti ad accollarsene la cura in veste di sponsor o a titolo volontaristico - per quanto ispirato, in linea di principio, ad un'ottica senz'altro condivisibile di responsabilizzazione dei cittadini alla gestione del bene comune - non riteniamo che possa anche lontanamente rappresentare una soluzione al problema, ed anzi, visto il totale e definitivo disimpegno dell'Amministrazione, grave ci sembra il rischio che misure come queste, in sé positive, possano essere usate surrettiziamente per surrogare responsabilità, ruoli e competenze che non possono far capo che all'Amministrazione in prima persona ed ai suoi bracci operativi (Aster). E veniamo alle ville Centurione Doria e Pallavicini, ed ai rispettivi musei Navale ed Archeologico. Si è fatto gran parlare, gli anni scorsi, del "polo culturale" di Pegli (polo delle Ville e dei Musei, appunto) ma alle parole non è seguito un solo atto concreto. Emblematico, al riguardo, il caso di Villa Pallavicini, ultimamente affidata (limitatamente ad alcuni servizi) alla Pro Loco e confermata all'Aster (attraverso un discutibile contratto trentennale), dopo un'annosa quanto vana ricerca di un gestore "di alto profilo", passata per AMGA, Fondazione Carige, Fondazione San Paolo, gruppo Elah Dufour e, infine, FAI (il prestigioso Fondo per l'Ambiente Italiano). A questo punto, riteniamo che bisogna ripartire dal progetto di polo integrato delle Ville e dei Musei, così come allora delineato in collaborazione con esperti universitari dalle associazioni e dai comitati pegliesi, per farne, sotto la diretta gestione comunale, l'occasione tanto attesa di un rilancio di Pegli e della sua non spenta vocazione turistica - rivisitata questa ed aggiornata in base alle esigenze di un turismo decisamente in crescita negli ultimi anni, che annovera Genova (intesa come città d'arte, di storia e architettura) finalmente tra le proprie mete. Assume particolare rilievo, in questa prospettiva, la circostanza che vede Pegli, storicamente, come luogo elettivo di residenze di villa cinque-seicentesche, tra cui si dovranno annoverare, tra le altre, alcune ville Lomellini: Rosa, Banfi e Rostan. Mentre le prime due (comunali) sono tuttora dotate dei rispettivi parchi, almeno in parte conservati, la Lomellini Rostan (privata), che resta tra gli esempi più significativi del tipo pre-alessiano di villa sub-urbana genovese, ne è stata deprivata negli anni Cinquanta, quando fu distrutto il celebre giardino settecentesco "alla francese" (ordinato all'architetto Tagliafichi dall'ex doge Agostino Lomellino) per far posto al campo dove oggi si allena la squadra del Genoa. Il tema del verde non finisce qui ma coinvolge altri aspetti, qui di seguito brevemente accennati.

2.2  La Vetta di Pegli

Va finalmente affrontato e risolto l'annoso problema della Vetta. Scongiurato definitivamente, anche grazie alla nostra ferma opposizione, il rischio di una privatizzazione dell'area connesso all'iniziativa per la costruzione di un impianto floro- vivaistico con finalità commerciali, il Comune dovrà ora impegnarsi per realizzare alla Vetta un vero e proprio parco urbano pubblico, come tale attrezzato e gestito. La proposta avanzata da un'associazione privata di studi e ricerche militari - che gestisce attualmente in forma precaria l'esposizione allestita nella ex batteria antiaerea - andrà finalmente presa in considerazione e vagliata dal Comune. Se avvallata sotto il profilo scientifico e culturale dagli organi competenti (in particolare dalla Direzione Cultura, Settore Musei) e se provvista di risorse umane ed economiche utili a garantirne la gestione, potrà entrare a far parte del parco, rappresentandone una valida attrattiva. Diversamente, le strutture in oggetto dovranno comunque essere recuperate all'interno del parco, secondo un coerente programma di valorizzazione delle prerogative ambientali e paesistiche del sito.

2.3  Il verde e la qualità degli spazi urbani

Dopo quasi vent'anni, nel corso dei quali non si contano le proteste per lo stato deplorevole cui è stato lasciato il verde cittadino (viali e aiuole), finalmente il Comune ha intrapreso con Aster il rifacimento dell'impianto arboreo di viale Martiri della Libertà. L'operazione, da poco conclusa, contempla la radicale sostituzione degli esemplari residui di sophora japonica e leccio (molto vecchi ma in alcuni casi ancora validi) con giovani esemplari di pirus ed acero, posti a dimora alternati a circa 10-12 metri l'uno dall'altro. Non si comprende perché si sia deciso di sostituire essenze ormai familiari come la sophora (una pianta molto bella, resistente ai funghi e all'atmosfera inquinata della città) con altre di dubbia riuscita, abbinando un'essenza come l'acero (inedita localmente) con il pirus, che è pianta di modeste proporzioni, caratterizzata da fioritura primaverile, certo più indicata per aiuole e giardini. Meglio così che niente, ma una politica realmente incisiva dovrebbe assumere ben altro respiro, con un programma (a partire eventualmente da ambiti campione) in grado di integrare i diversi aspetti che concorrono a determinare la qualità dello spazio urbano, in termini sia di finiture e materiali (pavimentazioni, impianti di illuminazione, accessori e complementi di arredo, segnaletica ecc.), sia di impianti verdi (aiuole, viali ecc.), sia ancora di regolamentazione del traffico. Ineludibile, a quest'ultimo riguardo, il tema della pedonalizzazione di porzioni significative del centro urbano (via Sabotino, per esempio), che potrà essere affrontato solo con un piano organico della mobilità, esteso anche a Multedo, Varenna e Lido. Tale piano dovrebbe contemplare l'interscambio fra la mobilità pedonale e il trasporto pubblico (bus e ferrovia), studiando una efficiente e razionale soluzione sia per la circolazione veicolare privata (attraverso la regolamentazione degli accessi e delle uscite per le diverse zone di Pegli) che per la distribuzione delle merci. Verde e arredo urbano potrebbero concorrere in modo determinante alla riqualificazione di interi quartieri sorti sull'onda speculativa degli anni Sessanta (piana Pallavicini, vie Tubino e Dagnino, Laviosa, Gavino ecc.), del tutto privi dei più elementari requisiti di una corretta urbanizzazione, come ad esempio i marciapiedi o un'adeguata illuminazione stradale (per non dire della viabilità, dei posteggi e delle reti fognarie - più o meno gravemente carenti). Si tratta di situazioni dove l'inerzia dei privati - restii per varie ragioni - potrebbe essere superata dall'iniziativa del Comune che dovrebbe, previa acquisizione dei sedimi stradali, realizzare le opere imputandone l'onere pro quota ai proprietari. Progetti mirati, anche solo riguardanti il verde e l'arredo urbano, porterebbero con modesti impegni economici a sicuri risultati in termini di riqualificazione degli spazi urbani, conferendo dignità ed attrattiva a spazi oggi anonimi e spesso inospitali.

2.4  Il verde extra-urbano

Si tratta, in questo caso, delle aree sia a verde agricolo (residuali), sia a copertura boschiva - le une e le altre non affatto marginali né secondarie nel territorio di una città, come Genova, che gode di un esteso retroterra in buona parte fruibile a vario titolo ma principalmente come risorsa per il tempo libero e le attività all'aria aperta, di natura sportiva e non solo. Sulle aree agricole o a vocazione agricola, occorrerebbe stabilire concreti presidi - di tipo sia urbanistico che economico - che valgano ad incentivare la permanenza (là dove ancora sussiste) o la rigenerazione dell'attività agricola in varie forme, comunque in grado di garantire, con la sopravvivenza di un'economia legata alla terra, la salvaguardia e la continuità di un paesaggio che è parte preziosa della nostra identità urbana, altrimenti condannata a scomparire. Il PUC dovrebbe assumere questo come un compito prioritario, predisponendo le condizioni per l'avvio di politiche - specialmente supportate da Provincia e Regione - atte a riattivare cicli economici desueti e non più vitali, facendo leva sull'elevato grado di specializzazione che tradizionalmente distingue l'agricoltura ligure, in particolare del Genovesato. Analogamente, un impegno è richiesto nella salvaguardia e nella valorizzazione del patrimonio forestale, sia direttamente nel caso di pubblico demanio (foreste di P.ta Martin, valle Branega ecc.), sia indirettamente, nel caso di boschi di proprietà privata. E' noto ormai da tempo (e l'incendio del 15-16 febbraio 2005 ne è definitiva conferma) che la copertura a pineta (pino marittimo o silvestre), per di più soggetta a malattia distruttiva, andrebbe sostituita. L'azione di rimboschimento dovrebbe accompagnarsi a quella di sistemazione e presidio idrogeologico, in questo riprendendo le antiche, provvidenziali pratiche invalse nei primi decenni del Novecento a cura del Comune (dell'allora Servizio Giardini e Foreste), aggiornate in base alle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche. L'occasione si presta alla considerazione (amara) di quanto poco si sia fatto da allora, accantonando, anzi ignorando del tutto un tema - quello del governo del suolo in termini idrogeologici - che può avere, e di fatto ha, pesanti ripercussioni sulla sicurezza e la salvaguardia da eventi alluvionali e franosi. I Piani di Bacino predisposti dalla Provincia sono strumenti spuntati e farraginosi - castelli di carta ispirati a criteri vincolistici astratti, sostanzialmente inefficaci, che portano acqua al mulino della burocrazia. Occorrono progetti di intervento che assicurino la necessaria operatività nella direzione indicata. Occorrono programmi di rimboschimento e progetti di sistemazione idrogeologica in grado di incidere concretamente, contando su risorse comunitarie e locali ed impiegando LSU (lavoratori socialmente utili). Occorre che le Comunità montane si scuotano dal letargo cui sono state relegate dalla logica della spartizione partitica e riacquistino un ruolo fattivo, non solo di facciata ma di regia effettiva in un'azione a vasto raggio in grado di coinvolgere tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati ad una prospettiva di rinascita dell'economia e del paesaggio del nostro entroterra.


3.    La passeggiata a mare

Occorre scongiurare il rischio che l'opera della passeggiata, iniziata e condotta per metà, resti com'è oggi, interrotta indefinitamente. Non ci rassegniamo all'idea di un'"incompiuta", cui seguirebbe un oggettivo squilibrio tra due parti di Pegli - una "fortunata", l'altra "disgraziata", con il prevedibile innesco, in quest'ultima, di un degrado che è dietro l'angolo. Ma non è solo questo: anche nella parte rinnovata non mancano i problemi, riconducibili ad una gestione della spiaggia a dir poco confusa, dove si intrecciano e si sovrappongono le competenze di Comune e Autorità Portuale. Per stabilire un regime orientato a criteri minimi di efficienza e razionalità, creando i presupposti di una effettiva governabilità in un ambito - quello appunto dell'arenile - dove sovente si registrano situazioni al limite (ed oltre) della legittimità e all'insegna del disordine e del degrado, la nostra idea è che occorra dar corso ad un "piano regolatore" o piano normativo di stretta competenza comunale - che stabilisca una volta per tutte ciò che si può (e deve) fare e ciò che non si può (e non si deve) fare nel litorale. La nostra proposta, a suo tempo per la verità subito recepita dall'Amministrazione nella persona dell'Assessore all'Urbanistica, è tuttora in attesa di essere tradotta in termini operativi da parte dell'Ufficio. Per quanto ci riguarda, detto piano dovrà soprattutto essere improntato ad un criterio di rigorosa salvaguardia ambientale e paesistica, specialmente in ordine a un duplice obiettivo: da un lato mantenere libere le visuali verso il mare, dall'altro assicurare la pubblica fruizione del litorale. Il che comporta di non estendere le concessioni già in essere né tanto meno erogarne di ulteriori, sia sulla spiaggia che in mare, onde evitare che nuovi tratti di litorale vengano occupati - sia pure da organismi associativi, con dichiarate finalità "sociali" - sottraendoli all'uso pubblico e di fatto privatizzandoli. Da evitare, per le stesse ragioni, opere a mare che dovessero configurarsi - sempre ad iniziativa di enti o associazioni private - come strutture per la nautica da diporto (spesso, come è già avvenuto altrove, all'insegna della precarietà e del "fai da te"), dal momento che in quanto tali finirebbero inevitabilmente per ipotecare una risorsa preziosa, pregiudicandone il carattere eminentemente pubblico, che è ciò che intendiamo al contrario preservare. C'è poi il tema del superamento del limite occidentale dell'attuale passeggiata. Si tratta di individuare e rendere procedibili soluzioni che consentano di superare detto limite, rappresentato dal Castello Vianson, aggirando a mare la punta del Risveglio e collegando la passeggiata di Pegli a quella futura del porto turistico di Pegli Lido - nel contempo perseguendo l'obiettivo di una più generale riqualificazione e valorizzazione del tratto compreso tra il Castello Miramare ed il Castello Vianson. Non va tralasciato infine il problema della salvaguardia del litorale dall'azione erosiva delle correnti marine, cui va soggetto in particolare il tratto centro-occidentale di Pegli (con conseguente accumulo a Multedo, a levante della foce del Varenna). Occorre, a questo riguardo, dare corso ai provvedimenti di cui all'accordo di programma siglato nel gennaio di quest'anno tra Comune, Provincia, Regione ed Autorità Portuale, con la riserva che il materiale necessario per le opere soffolte (siano massi naturali o manufatti in cls) non venga individuato e provvisto in ambito locale, onde non fornire l'occasione per ulteriori dilazioni ad un'attività - quella di cava nella valle Varenna - di cui in questa stessa sede chiediamo la totale e definitiva dismissione.


4.    Il porto turistico

All'idea di un porto turistico siamo da sempre favorevoli, purché esente da insediamenti residenziali e rispettoso dei valori ambientali e paesistici in atto. E' almeno dal 1936 (progetto Ing. Dapelo) che si discute della realizzazione di un'opera del genere a Pegli, anche in parte sulla scia di una tradizione che, a partire dalla fantasiosa veduta del Cambiaso di metà Ottocento, fissava l'esistenza di uno scalo portuale davanti al palazzo Lomellini (Hotel Méditerranée). Più recentemente, a partire dagli anni Settanta-Ottanta, l'idea di un porto turistico al Lido è venuta riaffermandosi in parallelo con l'avanzare del porto di Prà-Voltri, rappresentando agli occhi dei pegliesi, oltre che una forma di compensazione al degrado dilagante, la speranza di porre un limite all'espansione del porto container verso Pegli centro. Ne seguiva la presentazione, nel luglio 2003, di tre proposte di altrettanti soggetti candidati alla realizzazione del porto turistico. Tra questi, dopo un iter annoso e tormentato, veniva individuato il progetto della Porto Pegli Srl per l'ammissione alle successive fasi procedimentali (delibera C. di C. VII Ponente del 15 giugno 2005 e delibera G. C. n. 518 del 25 maggio 2006) - essendo tra l'altro detto progetto ritenuto il più adeguato anche dai comitati che per lo specifico motivo si riconoscono nel Coordinamento Comitati Pegli Ovest. Infine, il Consiglio comunale, con delibera n. 97 del 31 ottobre 2006, prendendo atto della necessità di adeguamento del PUC, formulava preventivo assenso agli atti pianificatori, quali dovranno risultare dal prossimo iter di approvazione in base al DPR 509/1997 (leggi: variante di piano). Detti atti sono l'avvio di un percorso che si spera possa concludersi, auspice la prossima Amministrazione, con la rapida approvazione e con la realizzazione di un'opera tanto attesa. Per quanto riguarda gli indirizzi progettuali, facciamo nostre le riserve e le prescrizioni che, su impulso di quanti hanno lottato per la realizzazione del porto turistico, sono state quindi formulate dal Consiglio di Circoscrizione VII Ponente, nonché riprese e confermate sia dal Comune (citata delibera C. C. n. 518/2006) sia dalla Regione, nell'ambito della procedura di screening (decreto dirigenziale n. 6 del 7 febbraio 2007) che escludeva, sia per la Porto Pegli Srl come per la Bagni Castelluccio Srl, il ricorso alla procedura propria di VIA. In particolare, riteniamo che il nuovo porto turistico, per rispondere all'obiettivo originario di fare da argine all'avanzare del porto container, creando le condizioni per una riqualificazione di Pegli Lido, debba configurarsi come una struttura completa nel suo genere, con dotazioni funzionali di elevato standard tecnico- prestazionale in grado di garantire un'ampia gamma di opportunità - anche e soprattutto sul versante della pubblica fruizione, quali per esempio, le strutture dedicate agli sport del mare (vela e canottaggio, anche in funzione didattica e di supporto alle attività nautiche per i diversamente abili), la passeggiata lungomare in banchina, la stazione della metropolitana nonché, infine, una congrua dotazione di parcheggi a servizio del quartiere. Nello stesso tempo, tale obiettivo dovrà essere perseguito alla luce di un criterio rigoroso di salvaguardia paesistico-ambientale, specialmente in ordine al tratto di scogliera naturale che si estende da levante sino a punta Paverano (Paviàn), che è e deve restare - con una valorizzazione in grado di esaltarne le prerogative - come uno degli angoli più caratteristici e meglio conservati di Pegli sul mare. E' un aspetto delicato, questo, che postula una cautela particolare: occorrerà, nel percorso di affinamento e messa a punto del progetto, temperare l'impatto dei nuovi volumi sia imponendo opportuni limiti di distanza dalla citata scogliera naturale, sia limitandone le altezze e riducendone gli ingombri, per quanto possano incidere, le une e gli altri, sul piano percettivo e delle interferenze visuali. Pur senza ulteriormente entrare nel merito, in questa sede, relativamente a tutte le richieste, le prescrizioni e le riserve (che si intendono comunque integralmente riaffermate) formulate da noi Comitati, riteniamo indispensabile che la prossima Giunta comunale si impegni risolutamente per la conclusione dell'iter progettuale in essere e per la sua celere realizzazione pratica.


5.    Ex ospedale Martinez ed area prospiciente

Dopo decenni di sudate battaglie - e molte promesse da parte delle istituzioni preposte - siamo ancora in attesa di veder riaprire il "nostro" ospedale, sia pure come polo di servizi sanitari. Un progetto in tal senso, approvato e finanziato in base al programma Area Metropolitana (ex art. 71 legge 448/98) per l'importo di ? 3.685.298,74, giace ormai da tempo nei cassetti. Il motivo - sostiene l'ASL - è che il progetto non va più bene: necessita di adeguamenti a causa dell'entrata in vigore della normativa anti-sismica, che impone interventi strutturali per circa un 20% di spesa in più (che non è a bilancio). Non vorremmo che dietro questa impasse si celasse l'intenzione di distrarre i fondi già assegnati verso altri obiettivi. D'altra parte non possiamo giustificare il ritardo nella presentazione del progetto: considerando che i servizi già oggi in essere erogano annualmente oltre ventimila prestazioni sanitarie, il completamento della struttura amplierebbe significativamente la gamma dei servizi sanitari fruibili dalla popolazione di Pegli, oggi costretta, in tanti casi, a recarsi a Voltri o a Sestri. Riteniamo pertanto indilazionabile l'impegno delle Amministrazioni affinché la ristrutturazione dell'ex Martinez proceda, finalmente, speditamente e senza intoppi. Vi è poi l'area prospiciente l'ex ospedale. Si tratta di un'area di pregio, sia per accessibilità che per esposizione, che non è più funzionale - tranne che per il parcheggio di pertinenza - al futuro presidio sanitario. E' l'occasione, dunque, per cogliere un duplice obiettivo: da un lato riqualificare, con un intervento urbanistico appropriato, l'intero ambito di Pegli Lido, dall'altro ricavarne risorse utili per la realizzazione di servizi pubblici - vuoi nell'ambito stesso del presidio sanitario, vuoi in altro ambito, ad esempio quello scolastico, dove è urgente e manifesta l'esigenza di un potenziamento delle strutture di villa Banfi, dal momento che oggi molti alunni di Pegli Ovest si vedono costretti ad emigrare nelle scuole praesi. Risulta che il SAU della fascia di rispetto di Prà, recentemente approvato, prevede la costruzione di un nuovo plesso scolastico, finanziabile attraverso la dismissione e la vendita degli attuali edifici scolastici, alcuni certo non obsoleti. Piuttosto che costruire nuove scuole là dove non si evidenzia alcuna emergenza, si ritiene opportuno avviare il recupero dell'area antistante l'ex Martinez (tuttora e per troppo tempo abusivamente occupata), mettendo a bando il project financing le cui linee d'indirizzo sono state recentemente approvate dalla Giunta Comunale (dopo il parere favorevole della Circoscrizione), che prevedono fra l'altro la realizzazione di un organismo scolastico ad integrazione del plesso di villa Banfi. In questo modo si potranno determinare le condizioni per il recupero di spazi, nella stessa villa Banfi o in altra sede (villa Rosa, ad esempio) da adibire a pubblica Biblioteca, dando seguito così ad un'istanza sempre viva a Pegli - che non si comprende come non abbia ancora potuto fruire di un servizio così importante soprattutto per certe fasce d'età (giovani in età scolare ed anziani).


6.    La valle Varenna

La valle Varenna, con i suoi boschi, le sue acque e le testimonianze che rimandano sia alle antiche manifatture (cartaria, metallurgica, molitoria ecc.), sia all'economia di villa (vedasi ad es. il nucleo di Granara-Tre Ponti), sia ancora all'economia montana dell'allevamento e del bosco, rappresenta una risorsa preziosa per Pegli, come tale da salvaguardare e valorizzare. Tradizionale ambito di riferimento per coloro (e sono molti) che amano la natura, le passeggiate e le escursioni a piedi o in bicicletta, la valle offre una discreta dotazione di tipo ricettivo (alcune trattorie ed un agriturismo, unitamente ad un piccolo ma interessante "museo" nella scuola comunale) che potrebbe tuttavia crescere e qualificarsi, se solo fosse sostenuta e promossa da una politica turistica del Comune finalmente attenta a tutta la città e non solo al centro cittadino. Nell'accennata prospettiva, è per noi inaccettabile che il Comune persegua un indirizzo, quale quello attuale (confermato tra l'altro dal PUC), tendente a collocare nella valle attività sporche, inquinanti e a rischio per la sicurezza e la salute degli abitanti e dei visitatori. Il riferimento è anzitutto alle cave, ma non solo. Altrettanto penalizzanti sono attività già insediate (o insediande, a termini di PUC) nei siti dismessi dalle cave stesse, una volta cessata l'attività. E' per esempio il caso dell'impianto AMIU nella ex Coleol, come pure dell'impianto per la produzione di bitume e relativi conglomerati nella ex Pian di Carlo. Favorendo l'insediarsi di attività di questa natura, e nello stesso tempo prolungando sine die l'attività di escavazione là dove ancora ve ne è interesse da parte degli operatori, non si fa che accelerare un degrado già di lunga data, che in alcuni casi ha raggiunto livelli di guardia con il proliferare dell'abusivismo nelle sue varie forme (discariche e/o abbandono di materiali vari nel greto del Varenna e suoi affluenti, taglio indiscriminato di boschi, incendi dolosi, pastorizia brada, prelievo non autorizzato della risorsa idrica, abusivismo edilizio ecc.). Ciò considerato, chiediamo una drastica revisione degli indirizzi di fondo della pianificazione urbanistica comunale, con l'obiettivo di allontanare il rischio di insediamento di attività produttive ambientalmente non compatibili, di impianti e servizi tecnologici (leggi: inceneritori, termovalorizzatori, strutture e impianti comunque legati al ciclo dei rifiuti urbani), discariche e siti di conferimento di inerti e/o rifiuti speciali - ancorché eventualmente finalizzati a programmi di così detta "ri-naturalizzazione" (si veda al riguardo il caso, per molti versi inquietante, della ex cava di Pian di Carlo). Nel contempo, tenuto conto altresì della discussione in Commissione e in Consiglio comunale circa la variante al Piano Territoriale di Coordinamento Regionale delle Attività di Cava (PTCRAT), dove è emersa la comune volontà di produrre "interventi di compensazione" a beneficio di quelle zone che, oltre alle su citate servitù, saranno gravate dagli ulteriori disagi derivanti dai cantieri delle previste infrastrutture stradali, chiediamo che le entrate (anni 2005 e 2006) relative ai diritti di estrazione delle cave insistenti nel nostro territorio, siano esclusivamente impiegate nella riqualificazione ambientale dello stesso, e che ciò trovi puntuale conferma nel contratto di servizio Aster, sottoponendo il programma degli interventi all'esame dell'apposita Commissione consiliare. Chiediamo inoltre che l'Amministrazione si impegni a tralasciare definitivamente ogni progetto ed ogni mira di trasformazione dell'attuale viabilità - che nei nostri intendimenti è e deve restare una strada di servizio locale, costruita com'è per il transito delle auto ed assolutamente inadeguata a sostenere il peso e l'ingombro dei mezzi pesanti a servizio delle attività oggi in essere (cave e quant'altro), che devono andare progressivamente ad esaurimento. In particolare, chiediamo che l'Amministrazione faccia finalmente osservare (ed osservi) i limiti di portata (24 t) e velocità (30 km/h) in oggi vigenti, smettendo la vergognosa prassi delle deroghe fin qui da essa stessa adottata.


7.    L'inceneritore

Da diversi anni lo smaltimento dei rifiuti rappresenta per Genova una criticità irrisolta: la raccolta differenziata annaspa a livelli ben lontani dagli obiettivi fissati, mentre continua a lavorare a pieno ritmo la discarica di Scarpino - che già alla fine degli anni Novanta avrebbe dovuto essere chiusa, in quanto dichiarata non più idonea ad accogliere i rifiuti della città. Addirittura a Scarpino sono attualmente conferiti i rifiuti provenienti dalla Campania (in base ad un criterio di "solidarietà", ha motivato il sindaco Pericu) e non solo, grazie a gare aggiudicatesi dall'AMIU. Chiediamo che la discarica di Scarpino sia chiusa al più presto e bonificata, come già previsto da anni, e che immediatamente sia interdetto l'apporto di rifiuti prodotti fuori Genova. Riteniamo altresì che l'inceneritore ipotizzato da AMIU non rappresenti una soluzione adeguata: siamo contrari all'inceneritore in generale e siamo contrari, in particolare, all'inceneritore a Scarpino - località posta a una distanza da Pegli, in linea d'aria, anche inferiore a quella da Sestri. Lungi dal risolvere il problema dei rifiuti, l'inceneritore a Scarpino ("termovalorizzatore", nella più eufemistica e mistificante accezione) è una minaccia che incombe sull'intero Ponente (e non solo), in quanto rilascerebbe nell'atmosfera grandi quantità di sostanze nocive quali diossina, metalli pesanti, cloruri ecc. - sostanze che sono state messe in relazione con patologie importanti, come tumori, malattie respiratorie e cardiovascolari, danni al sistema neurologico ed endocrino, perfino malformazioni fetali. Il tutto sommato alle esalazioni della discarica, per non parlare dei residui del processo di incenerimento (scorie e polveri derivate dalla depurazione dei fumi), che sono riconosciuti come rifiuti speciali o pericolosi e che devono anch'essi essere smaltiti, senza poter essere bruciati. Bruciare i rifiuti non significa eliminarli ma soltanto diminuirne il volume e allo stesso tempo aumentarne la volatilità e l'instabilità, favorendone la dispersione e di fatto estendendo le zone potenzialmente inquinate e il numero di soggetti esposti al rischio di patologie. I laghi del Gorzente (riserva idrica della Città), ad esempio, potrebbero essere contaminati dalla deposizione al suolo delle ceneri originate dalla combustione dei rifiuti. Inoltre, poiché l'inceneritore a Scarpino è concepito come un impianto di vecchio tipo, dimensionato per bruciare assai più rifiuti di quelli prodotti localmente (almeno 500.000 t/anno), non solo si pone in patente contrasto con ogni realistico obiettivo di incremento della raccolta differenziata (per altro contraddittoriamente conclamato), ma finirà inevitabilmente per raccogliere i rifiuti di altre province, non solo liguri, con ricadute facilmente immaginabili sulla vivibilità dei quartieri interessati dal traffico dei mezzi da e per Scarpino. Su questo tema, le Amministrazioni comunale e provinciale hanno fin qui dato prova di una condizione di totale dipendenza dalla politica di una controllata, l'AMIU, che sembra non rispondere ad altre logiche se non a quelle di bilancio, apparentemente ignara com'è del ruolo primario di servizio pubblico, reso nell'interesse esclusivo della comunità. Solo così si spiega la cinica pervicacia con cui il sindaco Pericu, in particolare, ha potuto disattendere ogni indicazione in contrario espressa, a Sestri come a Pegli, attraverso le molte e varie manifestazioni di protesta, nascondendosi dietro l'ATO e la penosa pantomima del percorso di approvazione del sito - vero e proprio caso di "democrazia" teleguidata dalle stanze dei bottoni - e, di fatto, eludendo il confronto con la gente su un tema di così grande rilievo per le comunità locali. Siamo dunque contrari, per contenuti e per metodo, agli atti di Provincia e Comune con cui è stato approvato il progetto dell'inceneritore a Scarpino. Siamo favorevoli a politiche serie di raccolta differenziata porta a porta, riciclaggio, riutilizzo e compostaggio nonché al coinvolgimento di tutti gli abitanti interessati dall'iniziativa in un dibattito sul trattamento dei rifiuti e sulle fonti alternative di energia, nel rispetto dell'ambiente e della salute.


8. Il decentramento amministrativo

Vogliamo infine accennare al tema del decentramento - un tema eminentemente politico, questo, che riflette i modi in cui si pensano e si attuano le forme di partecipazione allargata alla vita amministrativa della città o, in altri termini e più in generale, le occasioni di crescita civile e democratica della comunità cittadina. Un tema con altre importanti implicazioni, tra cui - per noi importante - quella del rapporto tra società civile e sistema politico dei partiti. Entrando nel merito del decentramento genovese, diciamo subito che esso registra i limiti culturali e politici che in generale possono attribuirsi alla disaffezione e al disinteresse che seguono alla crescente distanza tra la vita civile e la politica - quest'ultima sempre più chiusa, come appare, nelle sue logiche autoreferenziali. L'ordinamento attuale del decentramento discende, per l'appunto, da una visione burocratica e tecnicistica, e sembra dettato più da un'attenzione agli equilibri politici in stretti termini di consenso che non, come dovrebbe essere, dalle condizioni culturali e civili storicamente date nel territorio. In questo senso, il riferimento (certo, non letteralmente inteso) alle strutture amministrative dei municipi ottocenteschi, per le quali valeva il naturale presupposto di originari fondamenti storici e culturali, sarebbe stato, più che opportuno, storicamente necessario - e questo, almeno per quelle realtà (nel Ponente certo, più che nel Levante) che possedevano, e tuttora in parte mantengono, una spiccata identità ed i requisiti e le risorse per rappresentarla. Non intendiamo, date queste premesse, trarre facili conclusioni. Certo è, tuttavia, che la "Circoscrizione VII Ponente" (già il nome tradisce le intenzioni), così come è stata proposta ed oggi confermata nel nuovo ordinamento, non risponde assolutamente a detti criteri, e per quel che riguarda Pegli, in particolare, forte è tuttora il disagio per l'oggettiva carenza di rappresentatività - tra l'altro aggravato dalla circostanza che gran parte dei problemi (inceneritore, cave, porto petroli, petrolchimico, aree ex Fonderie, viabilità di connessione autostradale, "gronda" ecc.) Pegli e Multedo li condividono piuttosto con Sestri, che con Prà-Voltri.

sottolineatura

link interno il programma comune dei comitati pegliesi [pdf]

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