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traffico pesante a servizio delle cave della val Varenna
sottolineatura

Comitato per la Difesa di Pegli e del suo Territorio
Comitato val Varenna

Genova, 28 settmbre 1998

           Al Sindaco del Comune di Genova
           e p.c.
           All'Assessore al Traffico e alla Polizia Urbana
           All'Assessore ai Servizi di Manutenzione

oggetto: traffico pesante a servizio delle cave della val Varenna

           Con riferimento all'argomento in oggetto, questi Comitati espongono quanto segue.

           Nella val Varenna è in atto da decenni una situazione - certamente nota alle SS. LL. per i numerosi esposti, nonché per gli episodi di cronaca relativi a frane, cedimenti ecc. - di grave rischio per la sicurezza degli abitanti e per la loro salute, nonché per la stabilità e la tenuta delle opere e dei manufatti stradali (ponti, massicciate, muri ecc.).

           La situazione è imputabile alla presenza in zona, rispettivamente nelle località Chiesino, Pian di Carlo e Rocca dei Banditi, di cave per l'estrazione di materiali lapidei (massi per scogliere, tout-venant, pietrisco per calcestruzzo ecc.), da cui deriva un traffico di mezzi pesanti di intollerabile intensità e frequenza, data anche una situazione viabilistica obiettivamente critica.

           A fronte di limitazioni di carattere oggettivo, come la portata dei ponti stabilita in 24 t (v. cartelli segnaletici del Comune) e come la velocità massima limitata a 30 km/h, il peso di un mezzo a servizio delle cave si aggira sulle 40 t lorde (15 di tara e 25 di carico), e basta questo per capire quanto elevato sia il rischio di collasso delle strutture. Né d'altra parte questi mezzi possono viaggiare con carichi entro i limiti, per ragioni di economia di esercizio.

           La strada per S. Carlo di Cese è una carrabile tracciata tra fine Otto e inizio Novecento e completata, per il tratto Edifici Nuovi-Carpenara, attorno al 1913. Ne segue che, dato il tracciato di montagna, faticosamente ritagliato tra l'alveo del fiume ed il versante scosceso, la strada si regge in gran parte su muri di sostegno - anche, spesso, di notevole altezza - in pietra e calce, certo non calcolati per carichi di tal fatta (si pensi agli effetti dinamici indotti da un mezzo di 40 t di portata lorda quando scende, frenando, in curva...). Ed è un fatto che cedimenti, frane ecc. sono eventi frequenti (particolarmente gravi quelli, che la gente non dimenticherà facilmente, di Profondo, Chiesino e Carpenara), così come evidenti sono i segni di dissesto, le fessurazioni del manto, le lesioni delle strutture murarie ecc. che si compendiano in un quadro delle condizioni statiche che non è esagerato definire preoccupante e che certo non è da imputare solamente all'inclemenza degli eventi atmosferici.

           Ma non si tratta solo di rischio dele strutture. In gioco sono altre e anche più gravi minacce alla sicurezza e alla salute degli abitanti.

           Le dimensioni della carreggiata sono appena sufficienti per consentire l'incrocio di due autoveicoli procedenti in senso opposto e questo, spesso, con difficoltà. Non si parli, naturalmente, di marciapiede, che non esiste neppure nei tratti a più elevata frequenza pedonale, come per es. da località Tre Ponti, inizio via Assarino, alla salita alla Stazione di Granara, dove si trovano la chiesa parrocchiale, negozi, case, la scuola elementare e materna (con il giardino pubblico intitolato a Luciana Canepa), una trattoria e, non ultimo, l'accessso alla stazione del treno. In questo tratto, dove tra l'altro i parapetti dei ponti, divelti dall'alluvione di cinque anni fa non sono stati ancora ripristinati (cosa aspetta il Servizio Manutenzione?), la sicurezza degli abitanti è veramente a rischio per il transito dei mezzi delle cave, che nei momenti di punta hanno fatto registrare (è dimostrabile, dati alla mano, dai rilevamenti effettuati dal Comitato) frequenze di 300 e più passaggi al giorno.

           Tutto ciò, tra l'altro, è presente al Comune, o almeno al Servizio Urbanistica, che nel nuovo PRG classifica le cave come attività a termine. Sempre il Comune, nelle osservazioni al Piano regionale delle cave, pone il problema della viabilità in termini pregiudiziali, subordinando seccamente la prosecuzione dell'attività estrattiva all'adeguamento della viabilità pubblica.

           Ora, se i cavatori hanno fatto sino ad ora quel che han voluto, anche in barba ai sacrosanti diritti degli abitanti, ciò è stato perché questo nostro Comune ha sempre manifestato, sulla materia, un atteggiamento se non ambiguo certo non limpido, concedendo con una mano quello che andava negando con l'altra.

           E' questo il caso, per esempio, della cava di Rocca dei Banditi, dove l'iter approvativo - che parte dal 1980 - si riassume in una vicenda che ha della farsa, dove non mancano risvolti inquietanti: all'iniziale esplicito rigetto dell'istanza, legittimato dalla previsione di PRG (zona boschiva), segue nel 1982 l'inatteso avallo del Comune ad un nuovo piano di coltivazione presentato dai cavatori su "consiglio" dell'Ufficio cave della Regione. Contrabbandato come piano di ripristino e rimboschimento, precisamente finalizzato - in formale coerenza con il PRG - ad una "definitiva sistemazione dei luoghi", questo è per l'appunto il piano di coltivazione che ha consentito e tuttora consente l'attività (fino al 2002): un'attività che come ognuno può ben vedere, è ben lungi da quel concetto di sistemazione e rimarginatura di lacerazioni pregresse, che aveva dettato il formale fondamento dell'autorizzazione.

           Un altro esempio clamoroso è dato dalla deroga ai limiti di traffico su accennati, con la quale il Comune per l'appunto autorizza - in barba ai divieti del Comune stesso - il transito di mezzi da 40 t a fronte del limite di 24.

           Dalla documentazione agli atti (di cui copia è in nostro possesso), si nota come i provvedimenti in deroga ancor oggi da molti e molti anni periodicamente rinnovati, su richiesta e a pro dei cavatori, naturalmente, si fondano su una perizia tecnica predisposta a cura dei cavatori stessi, sottoscritta da tale ing. Dalerci il 22 giugno 1984 (in data non recente, quindi e ben prima delle disastrose alluvioni e degli eventi luttuosi che ne hanno portato in evidenza il dissesto).

           Quanto sopra considerato, questi Comitati richiamano l'attenzione delle SS. LL. sull'opportunità che, quantomeno a cautela dei SS.ri dirigenti chiamati a sottoscrivere sulla base della loro personale responsabilità (in base alla nuova legge) i detti provvedimenti, almeno si esperiscano nuove e più approfondite perizie, non circoscritte alla sola portata dei ponti e, soprattutto, non sospette di parzialità.

           Dette perizie, è parere degli scriventi, è opportuno che siano ordinate anche ev. in contraddittorio, sulla base di quesiti predisposti a cura della Amministrazione, ben sapendo le SS. LL. che la materia è tale che, per un perito che sostiene una tesi, due se ne possono dare che sostengono l'opposta, essendo i criteri tecnici di valutazione e calcolo legati a fattori a volte imponderabili, e comunque soggetti a margini di discrezionalità.

           Al proposito, prendano atto le SS. LL. che questi Comitati si dichiarano fin da ora pronti ad offrire il loro contributo, sia direttamente attraverso loro tecnici, sia interloquendo con tecnici incaricati dall'Amministrazione

           Tralasciando per ora la gravissima questione delle emissioni, i cui valori non sembrano assolutamente sotto controllo - e che danno luogo a vistosi e preoccupanti fenomeni di inquinamento (che comunque formeranno oggetto di iniziativa a parte, diretta anche ad altre sedi) - vi sono poi altri aspetti, sempre legati all'esercizio dell'attività di cava, che si riportano al tema più propriamente ambientale e paesistico.

           Il riferimento è all'esigenza - più volte invocata dai cavatori a sostegno dell'utilità sociale della loro attività - di massi per le gettate a difesa di opere marittime (che a quanto pare forma il core-business di queste cosiddette "imprese").

           Al riguardo, è fondato parere degli scriventi che non di esigenza si tratti, ma solo di domanda di mercato, che un ben oliato circuito di interessi - cui non sono estranei certi ambienti professionali e finanche certi settori della pubblica amministrazione - provvede artificiosamente ad alimentare. Ai massi naturali, infatti, sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello ambientale, sono di gran lunga preferibili, per opere di tal genere, manufatti in calcestruzzo (tetrapodi, blocchi anti-riflettenti ecc.), reperibili sul mercato come tipico prodotto dell'industria delle costruzioni e tra l'altro, come tali, certamente vantaggiosi anche sotto uno stretto profilo economico- occupazionale.

           Non è chi non veda, infatti, come al di là degli interessi particolari - legittimi, per carità, di un settore per altro ristretto di operatori, caratterizzato da non significativi contenuti industriali e di impresa e con tenuissimi indici occupazionali - l'opzione delle gettate di massi naturali, benchè meglio accetta agli "esteti" del paesaggio e più "corretta" in una distorta ottica ambientalista, comporti di fatto un danno assurdo ed irreversibile all'ambiente, penalizzando a volte pesantemente, come è il caso appunto della val Varenna, le condizioni di salute, di benessere e sicurezza che sono alla base del vivere civile, e come tali costituiscono un bene irrinunciabile ed un diritto delle persone.

           A tale riguardo, qualcuno sarà pur chiamato a dimostrare (e non solo agli abitanti della val Varenna o di Pegli) come si possa sostenere - anche sotto la più miope prospettiva "ambientalista" - che il minor "impatto ambientale" di una diga dell'aeroporto mitigato dalla scogliera di massi naturali, valga il prezzo - questo sì reale e non fittizio - del sacrificio imposto alla val Varenna e a Pegli in termini, come si è detto, paesistici, ambientali, della sicurezza, della salute e del benessere dei cittadini.

           Questi Comitati chiedono pertanto alle SS. LL.:
1) di non rinnovare ulteriormente le deroghe alle limitazioni di traffico che sussistono lungo la strada di val Varenna, ponendo così fine ad un abuso perpetrato per anni con le conseguenze sopra descritte;
2) di farsi parte diligente, nei modi e forme propri di codesta Amministrazione, nell'ambito delle competenze urbanistiche e di controllo sulle attività di trasformazione del territorio di cui alla legge n. 10/1977, presso le competenti Autorità (Regione, Provincia, Autorità portuale ecc.), onde introdurre serie limitazioni all'impiego indiscriminato di massi naturali, al fine di circoscrivere e limitare l'impatto ambientale indotto dalla coltivazione;
3) in particolare, si adoperino per far sì che i lavori che stanno per essere appaltati per la diga dell'aeroporto e per quella di sottoflutto del porto petroli, si attuino mediante gettate di elementi in cls. in luogo dei massi naturali, se del caso richiedendo a tal fine una variante al progetto;
4) di dare corso infine a tutte quelle opere ed interventi manutentori che si attendono da anni, come il ripristino delle originarie ringhiere dei ponti in località Tre Ponti, divelte dall'alluvione del 1993 e "provvisoriamente" sostituite con antiestetici e francamente poco decorosi "new-jersey" e come la ricostruzione del secentesco ponte di Carpenara (pure spazzato dall'alluvione del '93).

           Confidando nella sollecita attenzione delle SS. LL., questi Comitati restano a disposizione.

           Distinti saluti

           Comitato per la Difesa e la Valorizzazione di Pegli

           Comitato val Varenna

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