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il Caffaro
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Relazione introduttiva (Paolo Cevini)
sottolineatura

Il verde riveste una grande importanza per il futuro delle nostre città e, si potrebbe anche dire, per il futuro del Pianeta. E questo sotto almeno due punti di vista, anzitutto quello ambientale ed ecologico: basti pensare alle conseguenze nefaste sul clima, della de-forestazione e della cementificazione selvaggia. Senza invocare gli scenari apocalittici della desertificazione di intere zone geografiche oggi a clima temperato, sono comunque evidenti i guasti indotti - anche da noi, ormai - dall'impoverimento e dal degrado della copertura vegetazionale. Una delle manifestazioni più recenti e preoccupanti in tal senso, è la distruzione di centinaia, anzi migliaia di ettari di pineta ad opera di quel flagello che è la cocciniglia - contro il quale, pare, non esiste rimedio. Il pino non sarà, come ci hanno insegnato gli esperti, una pianta autoctona e sarà stato pure introdotto con qualche forzatura, sostituendo la macchia. Ma in molti casi ha consentito di colonizzare terreni aridi ed altrimenti spogli di qualsiasi vegetazione, assicurando una copertura boschiva con i relativi benefici. Penso ai tempi - lontani anni luce - in cui anche il Comune di Genova, con il Servizio Giardini e Foreste, procedeva alla forestazione ed alla contestuale regimazione idro-geologica dei versanti, nell'ambito di punta Martin (valle Branega, rocca Baiarda, Acquasanta ecc.). Allora non si parlava di parchi, in compenso si faceva una concreta politica di parco. Oggi se ne parla persino troppo... ma non si fa nulla o quasi. Cosa si potrebbe fare ce lo dirà il prof. Martini. Che cosa si farà, ce lo dirà forse l'assessore Dallorto. Alla cocciniglia, flagello di natura, si è poi aggiunto il fuoco, flagello dell'uomo. Non vi è dubbio infatti che l'incendio iniziato in alta val Varenna la mattina del 15 febbraio, che in 48 ore ha distrutto 1400 ha di boschi alle spalle di Pegli e Prà (arrivando a minacciare seriamente e in qualche caso ad interessare le abitazioni), sia stato opera dell'uomo. Ed è il caso di stigmatizzare il comportamento di quanti - organi di polizia, istituzioni, magistratura e quant'altri - avendo iniziato le indagini, non le hanno poi concluse, per la ben nota incapacità di stringere e di arrivare a conclusioni utili e concrete. E' triste dirlo ma i responsabili di misfatti del genere sanno in partenza di poter contare sull'impunità ...

           C'è poi un secondo aspetto sul quale vorrei ancora brevemente argomentare, ed è quello di ordine civile e culturale, che attiene alle ville e ai parchi. Questi rappresentano un bene che è doppiamente prezioso: oltre che per le valenze ambientali (il verde in città...) per quelle culturali, artistiche e monumentali. L'incendio del 15/16 febbraio ha interessato, per fortuna marginalmente, le due nostre ville - in particolare la parte alta dei rispettivi "boschi". Sono stati danneggiati esemplari di importanza eccezionale come le sequoie di villa Doria e i pini domestici di Pinara (villa Pallavicini). Più in generale, comunque, per le ville Doria e Pallavicini si pone il drammatico, ormai, problema del recupero e del restauro anche architettonico di parti importanti. Pensiamo naturalmente, per villa Doria, al lago dell'Alessi (un esempio straordinario, di assoluto rilievo nella casistica internazionale di questo tipo), che si trova oggi abbandonato e ridotto in uno stato veramente deplorevole, indegno per una città che si è appena fregiata del titolo di "capitale europea della cultura". Di villa Pallavicini - pure ormai in grave declino, a seguito della mancata manutenzione delle opere restaurate nel 1992 (per non dire della totale rovina della parte alta) - si dovrà anche affrontare e risolvere il problema della gestione, dopo che si è, pare, accantonata l'infelice ipotesi del consorzio di gestione tra AMGA, AMIU ed ASTER. L'ipotesi, ultimamente ventilata, di affidarla al FAI (di cui forse vorrà parlare Dallorto) va certamente analizzata e discussa. Non è forse da scartare a priori... a ben precise condizioni. Ma senza nulla togliere ai meriti di questo organismo privato che vive di donazioni e del proprio volontariato sociale (qualificato, bisogna dire), una cosa in proposito voglio dire ed è questa. Posto che Genova non è un piccolo comune dell'entroterra ma una grande (e ricca) metropoli del Nord, sorprende vedere che l'Amministrazione non trovi di meglio, per risolvere il problema della gestione di una risorsa preziosa come villa Pallavicini (preziosa anche sotto un profilo utilitaristico, se pensiamo al richiamo turistico che potenzialmente potrebbe esercitare...: in fondo stiamo parlando del più importante giardino romantico ottocentesco europeo), non trovi di meglio - dicevo - che sbarazzarsene dandola via ad un privato (certo, meglio al FAI che al signor Brambilla...). Sorprende francamente vedere come il Comune consideri un peso ed un fastidio ciò che potrebbe e dovrebbe valorizzare come una risorsa. Non lo dico polemicamente (non è questo lo spirito che ci anima) ma solo vorrei che chi ci governa si fermasse un attimo a riflettere, e a considerare cosa significa per la città il patrimonio di ville e monumenti che ha ereditato dal passato (guarda un po', dalle amministrazioni podestarili... sì, perché la dotazione di verde pubblico cittadino risale a quel periodo): non un peso - come mi pare sia stato finora vissuto dall'Amministrazione - ma una risorsa che almeno in molti casi (ed è certamente villa Pallavicini tra questi) potrebbe essere messa a frutto per fare di Genova una città sempre più accogliente per il turista e, nello stesso tempo, più vivibile per l'abitante.

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