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il Caffaro
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Città della cultura, cultura della città
sottolineatura
Paolo Cevini

           Venerdì 3 dicembre riaprirà il Museo Navale di Pegli, che verrà ad affiancare la sede del Galata in Darsena con un ordinamento rinnovato, nell'ambito della comune Istituzione dei Musei del Mare. L'occasione è spunto per una riflessione sul ruolo dei musei (e della cultura) nella città.

           Assistiamo oggi al dilagare di una tendenza, finora estranea alla tradizione elitaria e borghese della vecchia Europa, che interpreta la cultura democraticamente (o populisticamente?) come un fenomeno di mercato. I prodotti culturali (mostre, musei ecc.) seguono le logiche di mercato. La città - forse l'esito più originale della cultura occidentale - è essa stessa merce ("urban marketing"). Naturalmente senza scandalo di nessuno: è lo spirito dei tempi. Genova sta vivendo questo come un risveglio, riscoprendo risorse dimenticate, sogni accantonati e traditi da un pragmatismo radicato nella millenaria condizione di emporio mercantile. All'euforia di "Genova 2004" si accompagna d'altra parte la realistica constatazione del men che mediocre livello di ciò che è generalmente percepito come "qualità urbana diffusa" - a partire dal verde (parchi, aiuole, giardini), certo di tutti, l'aspetto più desolante.

           Viene allora spontaneo pensare che accanto ad una politica delle "grandi opere" un'altra andrebbe perseguita, attenta alle prassi quotidiane di (buon) governo - meno eclatanti ma alla lunga in grado di produrre, non v'è dubbio, maggior benessere e migliore qualità della vita. In altri termini, una cultura orientata a stabilire i presupposti o se si vuole le ragioni fondanti, di una visione della città articolata nei vari settori: sociale, economico, ambientale, urbanistico ecc.

           In questo senso è importante non perdere di vista quello che è il ruolo primario delle istituzioni culturali (tra cui i musei), legato alla produzione culturale e alla sua divulgazione. Non che si debba rinunciare al modello commerciale, ma se vogliamo che le nostre città non diventino vuoti simulacri di sé, come ormai accade di Venezia e in parte di Firenze (per non dire delle decine e decine di centri minori sparsi nel Bel Paese), se al contrario vogliamo che questo nostro conclamato "patrimonio" culturale si conservi e si tramandi (anche a vantaggio del turista ma prima di tutto per rispetto dell'abitante), allora dovremo adoperarci per fare dei nostri musei altrettanti centri vitali di promozione della cultura - una cultura intesa ad arricchire la vita della città, a rafforzare il sentimento di appartenenza e a far crescere la coscienza civile degli abitanti, ispirandone la visione del proprio futuro.

           Questa Amministrazione ha fatto molto per la città. Ha saputo cogliere le occasioni favorendo una svolta di portata storica. Tuttavia obiettivi come riequilibrio, riqualificazione, decentramento, che pure erano presenti (basti riandare alla Conferenza Strategica) non si sono centrati a dovere. In particolare, sembra sempre più mancare quell'efficienza nell'esercizio di governo che è unico, vero argine al degrado e alla condanna di parti storicamente vitali della città alla deprimente condizione di "periferia".

           L'inaugurazione del nuovo Museo Navale che si celebra oggi va vista in questa prospettiva. Se da un lato è un successo dei pegliesi (la cui battaglia molti a suo tempo non hanno compreso, bollandola di miope campanilismo), dall'altro è però soprattutto un successo della città: il segnale dell'affermarsi di un'alternativa che speriamo si consolidi (a Pegli come a Nervi, così come altrove), perché anche da questo dipende il futuro di Genova.

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